17/02/10

mercoledì delle ceneri
Cari tutti,
spero che stiate bene.
E’ un inverno cupo per me, questo. Pieno di lutti, malattie gravi e talvolta terminali per le persone che mi circondano e quindi – indirettamente - anche per me. In un primo tempo sono rimasta piuttosto perplessa di fronte a questa ecatombe che vedevo muoversi intorno. Ero stupita, stordita, non capivo il senso. Sembrava che ci fosse un messaggio ripetuto ma non capivo come potesse riguardarmi.
La risposta non ha tardato.
Dapprima si è ammalato mio marito. Abbiamo temuto per qualcosa di serio: attendiamo conferma di smentita. Primo shock.
Poi è arrivata la malattia per me. Nulla di eccezionale, ma il mio sistema immunitario risponde con i tempi suoi e mi ha costretta ad un periodo di sosta forzata che ormai dura da almeno un mese (e che grazie al Cielo sembra volgere al termine). In certi momenti sia mio marito sia io abbiamo temuto per la mia sopravvivenza e questo è stato il secondo shock.
Causa la debolezza della malattia abbiamo chiesto aiuto per le pulizie di casa ad una signora la quale, chiacchierando del più e del meno, mi racconta che da giovane è rimasta vedova con figli piccoli. Poi, nel tempo, ha trovato altri compagni che sono tutti morti dopo non molto. Erano più vecchi di lei - si è detta - e ne ha trovato uno più giovane. Anche lui, purtroppo, si avvia per la strada dei predecessori (vi vedo già che correte disperati a cercare ferro o che allungate con non curanza una mano sui "gioielli di famiglia"!).
L’ultima ieri sera. Mi chiama un’amica il cui marito era malato. Li avevo incontrati in autunno e mi sembrava che stesse decisamente meglio! Poi, per una serie di ragioni non ci siamo più sentiti e ieri sera la notizia che suo marito è morto.
Tutto questo per dire cosa?
Per condividere un pensiero che mio marito ed io ci siamo scambiati appena lo spavento più grosso ci ha lasciati:
siamo proprio fortunati.
Abbiamo veramente così tanto dalla vita.
Ogni mattina che ci svegliamo dopo una lunga o breve notte è un miracolo. Non è affatto scontato.
Ogni sera che ci corichiamo dopo una lunga giornata è un miracolo, non accade a tutti questa fortuna.
Allora ci siamo accorti che buttiamo le energie nel disperarci o nel desiderare e ricercare quello che non c’è (per noi i figli, per esempio) quando abbiamo avuto la fortuna di incontrarci, di incontrare l’Amore della nostra vita. Siamo insieme ed è un miracolo che ci siamo trovati!
Abbiamo avuto la fortuna di nascere e di crescere in una famiglia (ancorché a tratti un po’ sgangherata).
Abbiamo avuto la fortuna di studiare. Di crescere in un Paese grossomodo libero dove non è praticata la tortura e dove puoi permetterti di essere bella senza temere per la tua vita. In un Paese con libertà di religione ed anche di pensiero e di espressione. Con la sanità pubblica che, per quanto sfasciata sia, permette a chiunque di ricevere le cure minime… Un Paese ospitale, con il sole che non distrugge ed il gelo che non stritola, l’acqua a portata di mano… insomma, veramente una quantità di fortune che tantissimi nel mondo non hanno.
Il desiderio che ne nasce è quello di fare la mia parte là dove mi è concesso, condividendo ogni giorno il “pane quotidiano” che Dio mi dona: i miei talenti e le mie capacità, quello che vedo e che so. Anche la mia preghiera, certo.
Il desiderio che ne nasce è quello della pace del cuore. Provo ad immaginare cosa sarebbe non un giorno senza di lui (questo è facile, è come un giorno di vacanza!): provo ad immaginare le settimane, i mesi e gli anni senza di lui. Cielo, come non soccombere alla mancanza! Deve essere un dolore immenso. Ed i giorni insieme non sappiamo quanti saranno.
Uno pensa ai cinquanta anni, ma non per tutti è così. Ed anche se ci arrivi (anzi, a maggior ragione se ci arrivi), l’altro è diventato così tanto parte di te, della tua pelle, del tuo quotidiano borbottio, che senza sei perso. Ho visto due vecchietti vicino casa. Brontolavano sempre. Quando lui è morto lei ha perso la lucidità e poi l’autonomia, e poi…
Ma questo è per tutte le relazioni, mica solo per il marito! Vale per i figli, per i genitori, i parenti, gli amici, i vicini di casa o i conoscenti.
Che resta dopo quando l’altro se ne va, quando muore?
Resta il dispiacere di un incontro mancato, il senso di colpa per la pace non fatta, la mancanza di pace per l’amore non detto. Magari mascherati da rabbia (perché io ne sono proprio convinta che più grande è l’odio, più è grande la ferita, più forte è l’amore che c’è sotto).
Allora mi chiedo se non sia importante, dopo una litigata (che è giusto che ci sia), rimettere le cose nella giusta prospettiva ed incontrarsi, fare pace. Non perdere tempo dietro troppa timidezza o riservatezza e sbilanciarsi ad incontrare l’altro con il proprio cuore. Dare un calcio all’orgoglio ed alle paure e permettersi di vivere con gli altri. Di lasciarli entrare, anche.
Sono contenta di aver avuto l’occasione di guardare in faccia la mia rabbia verso mia madre nel corso dei seminari di Arkeon e di poter ora accedere e condividere l’amore che ho per lei. Non cambia ciò che lei è, né quello che sono io. Non cambia le sue scelte o non scelte né le mie. Però, nonostante la fatica di quegli anni, sono contenta che sia stato possibile.
Guardo con tenerezza mia madre. Lei non ha fatto pace con la sua quando questa era viva. Così quando è morta ne ha rivestito i panni per il senso di colpa. Per senso di colpa ha cercato di rinunciare all’amore dei suoi figli... Mi dispiace così tanto per quel tempo perso…
Fin da bambina mi domandavo perché mi facesse gli stessi torti che sua madre aveva fatto a lei e che l’avevano fatta soffrire. Poi ho visto che lo stesso ha fatto mia sorella maggiore: da un giorno all’altro ha cominciato a parlare ed a fare le stesse identiche cose che detestava in nostra madre (e che obiettivamente aveva ragione di deprecare!).
Credo che sia perché non l’ha mai perdonata ma nemmeno se n’è mai staccata. Non ha mai dialogato (per quello che si poteva) con lei. Alla fine delle due l’una: o nonostante l’amore immenso la odiava e cercava di “sradicarla” dal suo cuore - perché continuava a vedere il male che le faceva ritenendo di non poterne parlare- , o la incarnava potendo finalmente amarla senza odio - perché uguale a lei.
Sono proprio fortunata.
E ringrazio Dio.
(e me stessa che ho fatto la mia parte)

06/11/09

Arkeon, le spese (o i guadagni) folli ed il CeSAP

venerdì.
Cari tutti, l’aspetto che proprio non mi va giù, è quello dei soldi spesi (rubati, secondo certi intervistati, alcuni dei quali si aspettano una restituzione delle somme pagate) in Arkeon. Faccio ancora riferimento alle dichiarazioni delle presunte “vittime” rilasciate nelle trasmissioni apparse in TV e linkate sul blog “Il caso Arkeon” nonché in svariati blog (in particolare, in questo caso, quello di Pietro Bono) e forum come quello del CeSAP. Facciamo un po’ di conti. Se eri ri-frequentante pagavi 110 € per ogni seminario di primo o secondo livello che fosse. Che tu venissi solo o presentando amici l’importo era lo stesso e la cosa - a me personalmente - ha dato la tranquillità di sapere che c’era l’onestà di non “comprare” partecipanti con uno sconto. I seminari di primo livello si tenevano il sabato e la domenica, gli altri il lunedì ed il martedì a seguire per cui uno - se voleva parteciparvi - doveva anche decidere di chiedere ferie. Ed ottenerle. Tutto era preceduto il venerdì sera da una presentazione gratuita durante la quale Vito Carlo Moccia (perché io solo i suoi seminari – lo ripeto – ho frequentato) raccontava un po’ di sé, dei suoi pensieri e delle sue riflessioni in quel dato momento della sua vita, e poi chiedeva a ciascuno di presentarsi: quelli “vecchi” erano invitati a raccontare come erano arrivati a questo “lavoro” e che esperienza ne avevano avuto; quelli “nuovi” a dire come ne erano arrivati a conoscenza e –se volevano- perché erano lì, cosa cercavano. Dico “li invitava” perché c’erano tante variazioni sul tema quante le persone sedute in cerchio ed io stessa, più di una volta, ho parlato di quello che mi frullava per la testa in quel momento più che della mia esperienza (alla faccia del guru che manipola le menti ed impone il suo volere!). Una volta addirittura (era un periodo per me un po’ critico e piangevo ogni due per tre) scoppiai in lacrime disperata ed, il giorno dopo, di quei poveri sfortunati che si erano affacciati alla presentazione non ne vidi nemmeno l’ombra! …Ovviamente nessuno mi disse mai “Bé” per la scenata della sera prima e credo che anche oggi, leggendo queste righe, mi direbbero che sono una sciocca a pensare così: non sono venuti perché non volevano venire, punto e basta. E concordo con loro. Comunque. Finito il giro di condivisioni Vito diceva gli orari ed i costi del seminario per quelli che il giorno dopo avessero voluto prendervi parte. Ora mi si deve spiegare bene cosa c’è di coercitivo in tutto questo. Come è possibile che uno che abbia seguito i seminari di Vito (o di maestri che si siano comportati con la stessa correttezza) possa affermare di non aver saputo dei costi o di essere stato costretto a frequentare i seminari pagando al di sopra delle proprie risorse finanziarie? (In effetti, a ben pensarci, i testimoni delle trasmissioni non hanno mai detto di aver partecipato ai seminari condotti da Vito Carlo Moccia… ma poi è a lui che vengono attribuiti tutti i reati a basarsi solo sulle parole dei vari giornalisti… gli saranno stati imputati davvero se non li ha commessi? O è un modo scaltro di usare il non detto facendo in modo che l’altro inferisca ciò che voglio senza che io abbia dovuto espormi mentendo? …Un po’ come le immagini della donna che accarezzava l’uomo mentre la Tinelli parlava del “bombardamento d’amore” tacendo però il fatto che quelli erano madre e figlio…) Dunque. Potevi scegliere la città per te più vicina entro alcune disponibili. Ne conoscevi le date e gli indirizzi perché erano pubblicati in internet. Le porte erano aperte a tutti quelli che desideravano entrare o andar via, anche prima che fosse finito il seminario o arrivare a seminario avanzato. (A proposito, com’è che il dott. Schimera dichiara di non aver potuto infiltrare nessuno dei suoi uomini per raccogliere informazioni? Certo, venivi registrato con i tuoi dati ed un recapito, ma mi sembra il minimo! Peraltro senza mostrare documenti di identità… e comunque è un ostacolo aggirabile per qualcuno del mestiere). Ma non divaghiamo. Dicevo. Tu potevi scegliere ogni volta se frequentare solo il primo livello, solo il secondo o tutti e due. Ricordo che quando presi il primo livello (cioè la prima volta che frequentai un seminario di Arkéon) l’importo per le mie tasche era alto perché avevo appena cominciato a lavorare. Decisi allora di non pensare nemmeno lontanamente al secondo livello per un bel po’. Nessuno mi chiese mai nulla. Anche in seguito ho scelto più volte di partecipare solo al primo livello o solo al secondo. Lo stesso quando mi sposai. Ad un certo punto, per realizzare i nostri progetti di famiglia, decidemmo di diradare la frequenza (cosa che poi non fu necessaria giacché furono interrotti i seminari a causa della vicenda mediatica prima e giudiziaria poi). Intensivi da 1100 euro? Sì, ma per 5 giorni e vitto, alloggio e strumenti di cancelleria o quant’altro incluso! A me non sembra tanto in assoluto. La questione è se è tanto per il mio portafoglio, ma è per questo che ne ho seguiti tre in sei anni! Certo che se uno non sa gestire le sue spese, poi non se la deve prendere con gli altri! Nessuno controllava lo stato del suo conto corrente tranne – forse – lui stesso. Né si può dire che è plagiato per questo, altrimenti i negozi che spingono ad acquistare a credito elargendo prestiti per somme al 50% dello stipendio finirebbero tutti indagati come psico-sette! Vogliamo parlare seriamente di chi si è indebitato? Non escludo che avesse manie di grandezza e non vedesse né rispettasse i propri limiti. Probabilmente non aveva accanto a sé un coniuge che fosse di sostegno nella gestione economica familiare. E’ una realtà triste ma spesso vedo persone con le braghe a toppe perché non vogliono rinunciare ad uno stile di vita che non si possono permettere. Né hanno l’umiltà di chiedere ed ascoltare il parere di chi gli sta intorno. I famosi “no” che fanno crescere dovremmo anzitutto dirli a noi stessi. Ho ammirato molto la vicina di casa che ha insegnato questo a suo figlio con l’esempio: rinunciando ad un cappottino che le stava benissimo - ed al quale, tutto sommato, avrebbe potuto accedere senza un sacrificio troppo grande - perché non era necessario ed in questo momento è meglio risparmiare! Ma è così su tutto! E’ il buon senso: le uscite non devono superare le entrate. O almeno non per molto tempo e non se non ho delle riserve congrue da parte. Altrimenti o lavoro di più o spendo di meno. Se io intraprendo un percorso come Arkéon per conoscere più a fondo me stessa nel confronto con l’esperienza degli altri, per fare un pezzo del mio cammino che… sento che passa proprio di lì, ho anche la fiducia che quello che raccolgo in quel sentiero lo saprò usare e spendere bene anche lontano da lì. Anche senza frequentare tutti i seminari. Sto investendo su me stessa. Se poi voglio risparmiare ulteriormente mi porto il pranzo da casa, chiedo a qualche amico o parente di ospitarmi e se nessuno può o proprio non ci rientro con i soldi, ci rinuncio e vorrà dire che questo è ciò che è buono per me in questo momento. Sarà “il mio seminario”! Quante volte l’ho fatto! Tasche bucate, voglia di vivere al di sopra delle proprie possibilità, insicurezza profonda mascherata da ostentazione di ricchezza, io non lo so, ma di questo non credo si possa accusare né Arkéon in sé né il maestro che si comportasse come io ho visto comportarsi Vito. Semmai ci si faccia l’esame di coscienza. Io cambiali per Arkéon non ne ho mai pagate né ho mai aperto prestiti per questo, e di certo non ho mai navigato nell’oro né sono una contabile nata.

01/11/09

Arkeon, l’uso delle immagini ed il CeSAP.

domenica, 1 novembre 2009
Cari tutti, ho avuto modo, ultimamente di guardare con calma i video e – laddove ci sono - le sbobinature delle trasmissioni apparse in TV e linkate sul blog “Il caso Arkeon” . Alcune le considerazioni che mi sento di fare in proposito. Se si legge solo il testo già di per sé ci sono affermazioni della cui veridicità ed onestà dubito ma che sono state rese di grande impatto con un uso molto accurato delle strategie comunicative. I miei complimenti alla regia. Però c’è un detto: "il diavolo fa le pentole ma non i coperchi". Come a dire che chi ha dubbie intenzioni può sì cucinare le informazioni come preferisce, ma non può impedire che la verità esca fuori dal contenitore nel quale l’hanno nascosta, perché il coperchio non c’è e chi vuole può metterci il naso e vedere. La domanda diventa piuttosto:
CHI vuole?
- Quando la persona di riferimento per molti (perché ideatore del “metodo”), Vito Carlo Moccia, è ripetutamente inquadrata associandone il volto, le fattezze e perfino l’andatura al nome non solo pronunciato ma ripetutamente scritto; - quando ne vengono rivelati dati sensibili come l’identità, la residenza, il titolo di studio, vengono mostrate foto della sua famiglia e via dicendo ad una settimana di distanza dall’inizio delle indagini sul suo conto PRIMA ancora che i reati ipotizzati vengano confermati con un rinvio a giudizio; - quando anche la stampa ripete a tamburo l’informazione di una setta “sgominata” accompagnandola con immagini di uomini incappucciati come nel Ku-Klux-Klan, di stelle a cinque punte o di riti satanici; - quando i visi di molti partecipanti ai seminari sono stati resi agilmente riconoscibili e sbattuti in prima serata come aderenti ad una pericolosa psico-setta sulla quale sta indagando la Polizia (o peggio “sgominata” dalla Polizia a detta di alcuni quotidiani); Quando tutto questo avviene, passa velocemente la voglia di mettere il naso da qualche parte (… si dice "colpirne uno per educarne cento"?). …No no! Me ne starò qui buono e caro nella speranza di non essere stato notato. Muoverò le acque il meno possibile cercando quasi di non respirare perché se no, sai che guai passo sul lavoro? …E la mia famiglia come va avanti senza lo stipendio? …Sì, ma io non ho fatto nulla di male! Non succedeva nulla di male in quei seminari, io lo so, c’ero! …Sì, ma chi mi crederà? Come glielo spiego io, quando la voce che accusa ha il nome di un “Centro Studi” sulle sette, ha dalla sua la Digos, la televisione, la stampa, le mamme tristi con la voce piangente, le “vittime”… che fanno tanto audience! A me, chi mi crederà? Chi mi ascolterà? Guarda già sul forum del “Centro Studi” come hanno maltrattato chi ha osato parlare bene della sua esperienza in Arkeon! …alla faccia del “Centro Studi”! Sono paure che ogni tanto ho anche io nel riguardo dei vicini, della mia comunità, del luogo di lavoro… dei miei parenti perfino! Poi mi dico che le persone mi conoscono, che non si lasceranno ingannare dalle menzogne… ma così spesso le persone non conoscono con il cuore nemmeno i propri familiari più stretti, che vuoi che stiano ad ascoltare cosa conoscono di me.
Il loro spirito critico resterà a dormire sul divano tenendo il telecomando in mano.
Si fideranno della TV come fanno tanti. Nel merito dei video, le immagini parlano moltissimo. E’ cosa abbastanza nota che – per esempio - le parole “hai ragione” contengono un messaggio che può essere completamente stravolto da uno che scuote le mani giunte come a dire: “Ma dove? Ma quando mai?”. Lo si vede costantemente fare nei dibattiti politici. Osservare come nei servizi sono state usate le luci, le coperture dei volti, gli spazi ampi o ristretti ed affollati di carte, l’oscuramento dei volti e dei nomi o il loro non oscuramento… persino le musiche, le pause e l’intonazione è… illuminante. Mi fa passare anche la rabbia per quelle che io riconosco come falsità montate ad arte. Mi passa la rabbia e mi viene da ridere come quando vedi un mostro e passato lo spavento iniziale lo osservi bene e ne vedi la bruttezza ridicola alla luce del sole… ed allora ridendo trovi il coraggio di indicarne la realtà anche agli altri che passano. Hanno usato immagini di Arkéon per supportare, per esempio, la teoria del plagio tramite “bombardamento d’amore”. Per chi non era in quel seminario, la donna che accarezza il giovane può essere un maestro che lo vuole circuire… ed invece è la madre dell’uomo con la quale il giovane si sta riconciliando! L’anziano uomo seduto al centro di un cerchio nelle cui braccia si lancia una giovane donna, è il padre di quella donna la quale finalmente può piangere pacificata fra le sue braccia! …alla faccia di quelli che separano genitori e figli! Io di queste riconciliazioni ne ho viste tante. Per tanti di loro ho pregato - mentre erano in quel cerchio - che vincessero il loro orgoglio, il risentimento, il bisogno di essere “risarciti” delle ferite ricevute e che trovassero la pace ed il coraggio di afferrare quelle mani ed abbandonarsi a quell’abbraccio. Ancora. Visi di donne in lacrime usati per sottolineare la denuncia di “violenze subite di natura psichica ed anche fisica”. Ma le lacrime dei seminari scendevano ricordando la propria storia passata di solitudine o di liti con la famiglia, di non comprensione. Alle volte si piangeva mani nelle mani con il proprio compagno/compagna; erano il dolore interiore per una distanza, erano la gioia per la fine del dolore dovuto ad anni di separazione dal proprio cuore, erano sentimenti, non paura! Parlo –sia chiaro- dei seminari condotti da Vito Carlo Moccia perché quelli ho frequentato e trovo corretto (io) parlare solo di ciò che ho vissuto guardandomi bene dall’estenderlo a tutti (come invece avviene nelle trasmissioni con l’uso delle dichiarazioni dei testimoni della parte accusante). E’ chiaro che chi vede i servizi senza saperne nulla e con solo una fonte di informazione (che per giunta sostiene la tesi della cattiveria di Arkeon) non può vedere la realtà dei fatti.
Molte cose estrapolate vogliono dire una cosa o il suo contrario. E’ l’immagine.

11/10/09

domenica, 11 ottobre 2009
Cari tutti, è veramente tanto tempo che tengo chiusa ai vostri occhi la porta dei miei pensieri. Sono stati mesi impegnativi quelli passati dall’ultimo post. Dapprima è mancato il tempo per ascoltare il mio cuore. Troppo pressanti le richieste del quotidiano. Poi una breve vacanza molto rigenerante nel corpo e nello spirito. E di nuovo un tuffo nella routine frenetica con di fondo l’esigenza di non tornare a chiudere questo dialogo. Sono molto soddisfatta di quello che ho fatto in questo tempo. Aiutare i bambini a comprendere, a coltivare lo spirito civico, il rispetto per l’ambiente che ci circonda, per le persone e per le cose che vengono loro offerte è forse una delle fortune più grandi che mi siano capitate. E’ anche una responsabilità notevole perché richiede ascolto di sé e degli altri. Non solo delle parole, ma dei movimenti del cuore, dei ricordi di quando ero bambina anche io. Di cosa ho provato e di cosa provo. Mi richiede di mettermi nei panni di chi è molto diverso da me, tanto diverso che mi fa paura. Tutto questo per fare da “ufficio informazioni” in maniera un po’ più utile: “Sì, guarda, questa strada porta di là. Mi ricordo bene, ci sono stata anche io”. Quando però quando guardo il “mondo adulto” che li nutre, come vi viene esercitato il senso di giustizia che è inscritto nel cuore di ognuno di noi, mi corre un brivido per la schiena e veramente auguro a questi germogli di non bruciarsi alle gelate improvvise di cinismo e cattiveria, ma di riuscire a sbocciare a tempo debito spandendo un sano profumo di onestà. E’ pensando a questi giovani che sento ancor più grande rispetto ed enorme gratitudine per tutti quei Giudici che onorano la Legge, la ritengono “uguale per tutti” e giudicano secondo la Verità dei fatti e non tutelando semplicemente il tornaconto di qualcuno di “utile” o “potente”. Che stimo i Medici che difendono la Vita e non gli interessi economici di questo o di quello. Che stimo i Giornalisti che scavano nell’apparenza degli “spot pubblicitari” di questa o quella parte ricercando la realtà dei fatti e mettendo in evidenza le contraddizioni. Stimo i Comici e tutti i comuni cittadini che fanno -nonostante tutte le difficoltà- satira politica perché è lo strumento che “svela il senso, o il nonsenso, morale delle scelte politiche” (“L’elefante invisibile”, Giuseppe Mantovani, 1998 Giunti Ed., pag.40) Li rispetto perché oltre ad agire con rettitudine per onorare la propria coscienza, sono un esempio… ed un cattivo esempio può cancellare in un istante milioni di buone parole. E’ importante che ce ne siano di buoni. Sono merce rara e preziosa. Sono come quei rituali che non siamo in grado di rispettare ma verso cui tendiamo, quelle stelle polari che ci indicano la direzione. Ecco ciò che penso: l’imprenditore che si fa solo i fatti suoi, che arricchisce senza chiedere scusa quando calpesta gli altri, il mafioso che comanda, che usa la sua tanta furbizia solo a suo tornaconto e contro il bene di tanti altri, è “un cretino”. Si perde il senso dell’essere Umano. Disperde quell’informazione che conserva la specie Uomo da secoli e, diffondendo il suo stile di vita, la spinge verso la progressiva estinzione. Come un virus che si nutre dell’organismo che lo ospita ma quando ne ha sterminato la specie, ha alte probabilità di morire con lui. Prestiamo attenzione a cosa per noi è veramente importante, ai valori che trasmettono le storie “epiche” che raccontano molti dei telefilm di oggi… Sono ben lontani dal coraggio e dalla generosità di Robin Hood, D’Artagnan, Ivanhoe, Pulzella d’Orleans, Sandokan e compagnia bella! Per proteggere le nostre piccolezze dallo sguardo altrui, rischiamo di non chiamarle più con il loro nome e di abilitarle a valori per non far brutta figura. E’ questo è l’insegnamento di cui stiamo -nei fatti- nutrendo i nostri giovani! …E vista la qualità dell’alimento chissà come ci tratteranno quando saremo vecchi… “La contraddizione tra il rituale e la vita di ogni giorno conferisce tensione all’esperienza quotidiana, che è dilaniata tra i due poli di ciò che le persone pensano che si dovrebbe fare e di ciò che esse riescono effettivamente a fare nelle concrete situazioni della vita. Una cattiva coscienza, sembra dire il rituale, è meglio che nessuna coscienza”. (“L’elefante invisibile”, Giuseppe Mantovani, 1998 Giunti Ed., pag.36)

13/06/09

Sabato 13 Giugno 2009 S.Antonio da Padova

Cari tutti, questa settimana ho fatto un po’ di pulizia nelle mie carte “storiche”. Ho trovato questo raccontino che trascrissi quando ero ragazza (purtroppo senza segnare né autore, né fonte… sorry!): “Ad un contadino sfuggì un cavallo. La sera i vicini si riunirono per commiserarlo per ciò che era considerato una malasorte. Egli disse: «Può darsi». Il giorno dopo il cavallo ritornò, ma portando con sé sei cavalli selvaggi, ed i vicini arrivarono acclamando una simile buona sorte. Egli disse: «Può darsi». E poi, il giorno dopo, suo figlio cercò di sellare e di montare uno dei cavalli selvaggi, ma cadde e si ruppe una gamba. Ancora i vicini vennero ad offrire la loro partecipazione affettuosa per la malasorte. Egli disse: «Può darsi». Il giorno dopo, gli ufficiali incaricati della coscrizione vennero al villaggio per scegliere i giovani da mandare sotto le armi ma, a causa della gamba rotta, il figlio del contadino non venne preso. Quando i vicini vennero per esprimere quanto fortunatamente fossero andate le cose egli disse ancora: «Può darsi»”. E’ un po’ ripetitiva ma mi piace molto. E’ come a dire: “Non tutto il male vien per nuocere”. Speriamo bene :-) !

06/06/09

Sabato 06 Giugno 2009
Cari tutti, oggi leggevo l’ultimo post di Klee. Riporto qui di seguito il mio commento (per una volta breve, speriamo che non nevichi!): “Caro Klee, ti dirò di più: per me non "potremo" uscirne scavalcandoci l'un l'altra. Noi donne abbiamo delle risorse e voi uomini delle altre. Lo sperimento nella mia vita di coppia. L'unico modo per far procedere la barca è che ciascuno dei due generi metta a disposizione dell'altro il proprio talento e che cerchi di integrare (nel limite di ciò che è giusto e possibile) la ricchezza che l'altro porta. E' lo stesso discorso che vale all'interno delle famiglie, delle coppie, dei luoghi di lavoro, delle culture.” Ho visto anche io la puntata di ieri di “Otto e ½”.
Perché fare le domande se si sa già quale ed unica risposta si è disposti ad accogliere? A me ha colpito tanto che quella giornalista di AlJazeera non è stata ascoltata per nulla! La sua osservazione che il problema non è l’Islam ma la mancanza di democrazia è stata ripetutamente ignorata. E’ assolutamente vero che al tentativo di contrapporre uomini e donne lei ha risposto che è tutta la barca che affonda, non è la questione di chi si prende un sedile o l’altro…
Non conosco il Corano. Sto leggendo la Bibbia e non l’ho ancora finita: poi forse potrò passare al testo sacro delle altre culture. Ho però avuto la fortuna di lavorare (per poco, purtoroppo) in scuole composte da marocchini, egiziani, rumeni, cinesi, argentini ed italiani. E’ una ricchezza enorme anche dal punto di vista didattico. Certo che richiede più tempo per la preparazione delle attività educative, la richiesta di “aiuto” anche da parte dei genitori che parlano lingue a noi sconosciute, la fatica di sedersi nel banco con davanti l’alunno che sconsolato dice che non riuscirai mai ad emettere quel loro suono a te sconosciuto, di mettersi sempre in campo per conoscere e valorizzare le feste dei nostri “co-inquilini”... ma è esaltante ed arricchente a mio parere molto più che nelle scuole composte da soli italiani.
In fondo se vediamo l’Italia come un condominio forse è più facile: per prima cosa non è né mio né tuo ma di tutti quelli che ci abitano e che contribuiscono al suo mantenimento. C’è un regolamento scritto che tutti devono conoscere e rispettare. Ci sono degli usi consolidati tra gli inquilini più anziani ma non è detto che nulla debba cambiare con l’arrivo dei nuovi! Ci si conosce pian piano, alcune tradizioni si affiancano, si fondono, altre scompaiono. Se so cosa sono disposto ad accettare e cosa no è tutto più facile.
Alla fine è questa la questione portante: cosa è fondamentale per me? Se lo è realmente l’altro lo sente. Se ci credo sul serio l’altro lo rispetta (a meno che non mi voglia provocare… ma in questo caso comunque non mi può smuovere). Mi faceva ridere sentire mio padre che difendeva i crocifissi nelle scuole, lui che non crede in Gesù Cristo come Figlio di Dio. E’ ridicolo anche per me! E’ a ragione sentito come il pretesto che fa infuriare l’altro! Perché a Natale non posso far disegnare la Sacra Famiglia se ci sono bambini di altre culture? Se credo nel Natale come festa religiosa è giusto che io lo faccia restituendo al 25 Dicembre questo senso… che forse è più comprensibile ad un buddista, islamico, ebreo, induista e quant’altro di quanto non lo sia chiudere le scuole solo per i regali, babbo Natale e l’albero con le lucette. Posso però, quando c’è qualche festività importante della loro cultura, organizzare una lezione speciale per farla conoscere agli altri così come si fa per Halloween della cultura anglosassone durante le ore di inglese. Se mi conosco e conosco chi ho accanto ho meno motivi di temerlo.
“Le ombre ed i fantasmi della notte sono alberi e cespugli ancora in fiore…”
(“La canzone del sole”, L. Battisti)

29/05/09

Venerdì 29 Maggio 2009
Cari tutti, è un po’ di tempo che ascolto quanto mi uscì di getto ormai quasi due mesi fa. “Mie care sorelle, mie amate compagne di viaggio. Ragazze, giovani donne. Mia stessa carne. Che dolore mi lacera la pancia ed il cuore questa sera… Ho visto dei vostri filmati, ho sentito delle vostre preghiere ed il dolore è immane. Voi tutte che invocate la dea Ana o la dea Mia come salvatrici che, uniche, amano la vostra vita e che uniche voi amate… vi prego, fermatevi. Vi offrite ed amate chi in realtà vi distrugge. Chi vuole la vostra morte. Quelle dee in realtà sono demonio che si nutre di voi e vi getta via quando non gli servite più. Vi sottrae non vi dona libertà. Voi siete perle preziose per cui dare la vita, non alla quale chiedere e togliere la vita. Quell’armonia e quella leggerezza cui anelate è racchiusa nella vostra anima: è la bellezza dei vostri cuori. Chi vi vuole morte lo sa e la teme, per questo vi spinge ad inseguire una falsa ombra. Per questo vi nasconde la vostra bellezza: gli fa paura! Io non so come siete arrivate a questo punto. Non conosco le vostre storie. Non ho vissuto il vostro dolore. Forse l’ho sfiorato da lontano quando mi sono sentita un peso di cui dover sgravare gli altri. Non l’ho scelto come voi. Non ho rifiutato di ingerire il cibo né l’ho mai rimesso a forza. Il mio corpo l’ha fatto per me non tollerando più niente o quasi. L’amore di chi ho vicino, il vedere il suo dolore per il mio spegnermi mi ha riportata indietro. Grazie a Dio ho sentito e visto il suo dolore e mi ha risvegliato. Come quel tale che è sceso nell’Ade per riprendere il suo amore. Grazie a Dio non mi sono voltata indietro ed ho rivisto la luce del sole. C’è un Amore che piange per voi, per la vostra dipartita. Per la vostra sofferenza. Anche il mio cuore di donna, di compagna di viaggio, di sorella, piange per voi da questa sera… Vi voglio bene e prego per voi. Qualunque sia la vostra scelta. (Aprile 2009)” Non lo pubblicai, ma lo lasciai in sospeso perché non riuscivo a capire da dove venisse il mio essere così tanto sconvolta dall’aver visto e sentito l’audio del blog di alcune ragazze che adorano la “dea Ana” (=anoressia) o la “dea Mia” (=bulimia). Cos’ho capito? Mah, …forse poco. C’è una parte di solidarietà con tutto il femminile che mi fa pregare e sospirare nella speranza che possiamo guardarci allo specchio ed amarci e perdonarci e riconoscere la preziosità che è racchiusa in ogni vita e quindi anche nella nostra. Quella pace e fiducia in sé che poi ci permette di specchiarci le une negli occhi delle altre tendendoci la mano senza tenere con l’altra il coltello nascosto dietro la schiena. Mi rendo conto che spesso le rivalità sono tante ma sono per lo più frutto di paura o fraintendimenti. Anche io ne ho parecchie e fatico assai ad incontrare a cuore aperto le mie simili e quindi me stessa. E’ sempre la difficoltà di sospendere il giudizio, di non mettere prima di ogni cosa le mie esperienze pregresse o forse il conoscere quali sono state per riconoscerle quando sbucano fuori all’improvviso e poter scegliere di non replicarle (almeno provarci). C’è anche la grandissima difficoltà del vedere che l’altro mi cerca perché mi trova “una bella persona” ed ha piacere di aprirmi il suo cuore… Di fondo c’è sempre che siamo parti di un unico organismo e non credo che potremo essere in pace con noi se non lo siamo con i nostri simili e viceversa. Per cui nel cuore la mia preghiera è per “il cerchio delle donne”. Di tutte. Ovviamente c’è di più. Penso a quella “fede” nella quale sono cresciuta io. Non dico che sia quella cattolica “doc”, ma l’ho trovata spesso anche negli altri. Un giorno il vice parroco della chiesa che frequento disse che, insomma, non c’era nulla di male nel desiderare di morire presto per raggiungere Dio… peccato che non riesca nemmeno a guardare in faccia i suoi parrocchiani! E’ più o meno questa “versione” a cui alludo. Io ricordo di quando da ragazza non vedevo l’ora di morire ed ero tutta proiettata verso l’aldilà sfuggendo la vita “di qua”. Chi mi ha conosciuta non poteva non sentire quanto stessi costruendomi una “morte giovane”. Santa Maria Goretti ed altre anime candide trapassate in tenera età immolando la loro vita per Dio e per gli altri erano il modello al quale mi ispiravo. Non che oggi non ci siano delle ricadute legate per lo più a “nodi” della mia vita che non ho mai visto né sciolto e che ogni tanto (per fortuna) vengono al pettine… …E’ che leggere quelle preghiere mi ha spaventata molto perché mi ricordavano le mie. Io ebbi la fortuna di trovarmi un rosario tra le mani e quindi tutto quel desiderio è andato verso il Cielo, verso una Madre Sacra che ho palpabilmente sentito vicina (e ne sento ancora la protezione) e che mi ha sostenuta con la sua preghiera ed accompagnata a passi lunghi verso la vita su questa terra che il Signore mi ha donato. Verso la costruzione.Il mio dolore per quelle ragazze è che inviano tutto questo loro grido di aiuto, di ricerca disperata di amore, di accettazione, verso un buco nero, verso il basso… che giocoforza le porta ancora più giù…