13/06/09

Sabato 13 Giugno 2009 S.Antonio da Padova

Cari tutti, questa settimana ho fatto un po’ di pulizia nelle mie carte “storiche”. Ho trovato questo raccontino che trascrissi quando ero ragazza (purtroppo senza segnare né autore, né fonte… sorry!): “Ad un contadino sfuggì un cavallo. La sera i vicini si riunirono per commiserarlo per ciò che era considerato una malasorte. Egli disse: «Può darsi». Il giorno dopo il cavallo ritornò, ma portando con sé sei cavalli selvaggi, ed i vicini arrivarono acclamando una simile buona sorte. Egli disse: «Può darsi». E poi, il giorno dopo, suo figlio cercò di sellare e di montare uno dei cavalli selvaggi, ma cadde e si ruppe una gamba. Ancora i vicini vennero ad offrire la loro partecipazione affettuosa per la malasorte. Egli disse: «Può darsi». Il giorno dopo, gli ufficiali incaricati della coscrizione vennero al villaggio per scegliere i giovani da mandare sotto le armi ma, a causa della gamba rotta, il figlio del contadino non venne preso. Quando i vicini vennero per esprimere quanto fortunatamente fossero andate le cose egli disse ancora: «Può darsi»”. E’ un po’ ripetitiva ma mi piace molto. E’ come a dire: “Non tutto il male vien per nuocere”. Speriamo bene :-) !

06/06/09

Sabato 06 Giugno 2009
Cari tutti, oggi leggevo l’ultimo post di Klee. Riporto qui di seguito il mio commento (per una volta breve, speriamo che non nevichi!): “Caro Klee, ti dirò di più: per me non "potremo" uscirne scavalcandoci l'un l'altra. Noi donne abbiamo delle risorse e voi uomini delle altre. Lo sperimento nella mia vita di coppia. L'unico modo per far procedere la barca è che ciascuno dei due generi metta a disposizione dell'altro il proprio talento e che cerchi di integrare (nel limite di ciò che è giusto e possibile) la ricchezza che l'altro porta. E' lo stesso discorso che vale all'interno delle famiglie, delle coppie, dei luoghi di lavoro, delle culture.” Ho visto anche io la puntata di ieri di “Otto e ½”.
Perché fare le domande se si sa già quale ed unica risposta si è disposti ad accogliere? A me ha colpito tanto che quella giornalista di AlJazeera non è stata ascoltata per nulla! La sua osservazione che il problema non è l’Islam ma la mancanza di democrazia è stata ripetutamente ignorata. E’ assolutamente vero che al tentativo di contrapporre uomini e donne lei ha risposto che è tutta la barca che affonda, non è la questione di chi si prende un sedile o l’altro…
Non conosco il Corano. Sto leggendo la Bibbia e non l’ho ancora finita: poi forse potrò passare al testo sacro delle altre culture. Ho però avuto la fortuna di lavorare (per poco, purtoroppo) in scuole composte da marocchini, egiziani, rumeni, cinesi, argentini ed italiani. E’ una ricchezza enorme anche dal punto di vista didattico. Certo che richiede più tempo per la preparazione delle attività educative, la richiesta di “aiuto” anche da parte dei genitori che parlano lingue a noi sconosciute, la fatica di sedersi nel banco con davanti l’alunno che sconsolato dice che non riuscirai mai ad emettere quel loro suono a te sconosciuto, di mettersi sempre in campo per conoscere e valorizzare le feste dei nostri “co-inquilini”... ma è esaltante ed arricchente a mio parere molto più che nelle scuole composte da soli italiani.
In fondo se vediamo l’Italia come un condominio forse è più facile: per prima cosa non è né mio né tuo ma di tutti quelli che ci abitano e che contribuiscono al suo mantenimento. C’è un regolamento scritto che tutti devono conoscere e rispettare. Ci sono degli usi consolidati tra gli inquilini più anziani ma non è detto che nulla debba cambiare con l’arrivo dei nuovi! Ci si conosce pian piano, alcune tradizioni si affiancano, si fondono, altre scompaiono. Se so cosa sono disposto ad accettare e cosa no è tutto più facile.
Alla fine è questa la questione portante: cosa è fondamentale per me? Se lo è realmente l’altro lo sente. Se ci credo sul serio l’altro lo rispetta (a meno che non mi voglia provocare… ma in questo caso comunque non mi può smuovere). Mi faceva ridere sentire mio padre che difendeva i crocifissi nelle scuole, lui che non crede in Gesù Cristo come Figlio di Dio. E’ ridicolo anche per me! E’ a ragione sentito come il pretesto che fa infuriare l’altro! Perché a Natale non posso far disegnare la Sacra Famiglia se ci sono bambini di altre culture? Se credo nel Natale come festa religiosa è giusto che io lo faccia restituendo al 25 Dicembre questo senso… che forse è più comprensibile ad un buddista, islamico, ebreo, induista e quant’altro di quanto non lo sia chiudere le scuole solo per i regali, babbo Natale e l’albero con le lucette. Posso però, quando c’è qualche festività importante della loro cultura, organizzare una lezione speciale per farla conoscere agli altri così come si fa per Halloween della cultura anglosassone durante le ore di inglese. Se mi conosco e conosco chi ho accanto ho meno motivi di temerlo.
“Le ombre ed i fantasmi della notte sono alberi e cespugli ancora in fiore…”
(“La canzone del sole”, L. Battisti)

29/05/09

Venerdì 29 Maggio 2009
Cari tutti, è un po’ di tempo che ascolto quanto mi uscì di getto ormai quasi due mesi fa. “Mie care sorelle, mie amate compagne di viaggio. Ragazze, giovani donne. Mia stessa carne. Che dolore mi lacera la pancia ed il cuore questa sera… Ho visto dei vostri filmati, ho sentito delle vostre preghiere ed il dolore è immane. Voi tutte che invocate la dea Ana o la dea Mia come salvatrici che, uniche, amano la vostra vita e che uniche voi amate… vi prego, fermatevi. Vi offrite ed amate chi in realtà vi distrugge. Chi vuole la vostra morte. Quelle dee in realtà sono demonio che si nutre di voi e vi getta via quando non gli servite più. Vi sottrae non vi dona libertà. Voi siete perle preziose per cui dare la vita, non alla quale chiedere e togliere la vita. Quell’armonia e quella leggerezza cui anelate è racchiusa nella vostra anima: è la bellezza dei vostri cuori. Chi vi vuole morte lo sa e la teme, per questo vi spinge ad inseguire una falsa ombra. Per questo vi nasconde la vostra bellezza: gli fa paura! Io non so come siete arrivate a questo punto. Non conosco le vostre storie. Non ho vissuto il vostro dolore. Forse l’ho sfiorato da lontano quando mi sono sentita un peso di cui dover sgravare gli altri. Non l’ho scelto come voi. Non ho rifiutato di ingerire il cibo né l’ho mai rimesso a forza. Il mio corpo l’ha fatto per me non tollerando più niente o quasi. L’amore di chi ho vicino, il vedere il suo dolore per il mio spegnermi mi ha riportata indietro. Grazie a Dio ho sentito e visto il suo dolore e mi ha risvegliato. Come quel tale che è sceso nell’Ade per riprendere il suo amore. Grazie a Dio non mi sono voltata indietro ed ho rivisto la luce del sole. C’è un Amore che piange per voi, per la vostra dipartita. Per la vostra sofferenza. Anche il mio cuore di donna, di compagna di viaggio, di sorella, piange per voi da questa sera… Vi voglio bene e prego per voi. Qualunque sia la vostra scelta. (Aprile 2009)” Non lo pubblicai, ma lo lasciai in sospeso perché non riuscivo a capire da dove venisse il mio essere così tanto sconvolta dall’aver visto e sentito l’audio del blog di alcune ragazze che adorano la “dea Ana” (=anoressia) o la “dea Mia” (=bulimia). Cos’ho capito? Mah, …forse poco. C’è una parte di solidarietà con tutto il femminile che mi fa pregare e sospirare nella speranza che possiamo guardarci allo specchio ed amarci e perdonarci e riconoscere la preziosità che è racchiusa in ogni vita e quindi anche nella nostra. Quella pace e fiducia in sé che poi ci permette di specchiarci le une negli occhi delle altre tendendoci la mano senza tenere con l’altra il coltello nascosto dietro la schiena. Mi rendo conto che spesso le rivalità sono tante ma sono per lo più frutto di paura o fraintendimenti. Anche io ne ho parecchie e fatico assai ad incontrare a cuore aperto le mie simili e quindi me stessa. E’ sempre la difficoltà di sospendere il giudizio, di non mettere prima di ogni cosa le mie esperienze pregresse o forse il conoscere quali sono state per riconoscerle quando sbucano fuori all’improvviso e poter scegliere di non replicarle (almeno provarci). C’è anche la grandissima difficoltà del vedere che l’altro mi cerca perché mi trova “una bella persona” ed ha piacere di aprirmi il suo cuore… Di fondo c’è sempre che siamo parti di un unico organismo e non credo che potremo essere in pace con noi se non lo siamo con i nostri simili e viceversa. Per cui nel cuore la mia preghiera è per “il cerchio delle donne”. Di tutte. Ovviamente c’è di più. Penso a quella “fede” nella quale sono cresciuta io. Non dico che sia quella cattolica “doc”, ma l’ho trovata spesso anche negli altri. Un giorno il vice parroco della chiesa che frequento disse che, insomma, non c’era nulla di male nel desiderare di morire presto per raggiungere Dio… peccato che non riesca nemmeno a guardare in faccia i suoi parrocchiani! E’ più o meno questa “versione” a cui alludo. Io ricordo di quando da ragazza non vedevo l’ora di morire ed ero tutta proiettata verso l’aldilà sfuggendo la vita “di qua”. Chi mi ha conosciuta non poteva non sentire quanto stessi costruendomi una “morte giovane”. Santa Maria Goretti ed altre anime candide trapassate in tenera età immolando la loro vita per Dio e per gli altri erano il modello al quale mi ispiravo. Non che oggi non ci siano delle ricadute legate per lo più a “nodi” della mia vita che non ho mai visto né sciolto e che ogni tanto (per fortuna) vengono al pettine… …E’ che leggere quelle preghiere mi ha spaventata molto perché mi ricordavano le mie. Io ebbi la fortuna di trovarmi un rosario tra le mani e quindi tutto quel desiderio è andato verso il Cielo, verso una Madre Sacra che ho palpabilmente sentito vicina (e ne sento ancora la protezione) e che mi ha sostenuta con la sua preghiera ed accompagnata a passi lunghi verso la vita su questa terra che il Signore mi ha donato. Verso la costruzione.Il mio dolore per quelle ragazze è che inviano tutto questo loro grido di aiuto, di ricerca disperata di amore, di accettazione, verso un buco nero, verso il basso… che giocoforza le porta ancora più giù…

19/05/09

lunedì, 19 maggio 2009
Cari tutti,
mi è stato segnalato questo blog che con piacere metto a vostra disposizione.
Faccio questa scelta perché credo nella libertà di parola e di difesa, raccontando ciò che si è vissuto e si riconosce come vero in un modo semplice ed onesto: come quando si spazzolano i capelli e scorrendoli tutti si lascia che i nodi vengano al pettine.
Riporto qui di seguito il contenuto della pagina iniziale:
“Arkeon è una psicosetta i cui vertici sono stati condannati e incarcerati per truffa, associazione a delinquere e violenze”. Per chi non sappia cos’è stato Arkeon, questa è la verità su Arkeon. O quantomeno questa è la sola verità reperibile in rete, sulla stampa o dalla televisione. Tuttavia questa verità è falsa. E’ quella che si chiama una “verità mediatica”. Creata su una parola (psicosetta) che probabilmente non avevate mai sentito e che dovrebbe spiegare il significato di un’altra parola (Arkeon) che continuate a non conoscere, ma rispetto alla quale avete ormai una fondata diffidenza. Una parola (psicosetta) talmente forte da cancellare la verità giudiziaria, che a distanza di due anni non ha prodotto alcun arresto o condanna semplicemente perché ancora non si è deciso se debba esserci alcun processo. Talmente forte da spingere tutti i media a riportare supinamente notizie di cronaca locale mai verificate da nessuno.Talmente forte da aver impedito che alcuna voce contraria potesse essere udita. In effetti, una verità “virtuale”, se non per le molte persone colpevoli di aver partecipato a dei seminari di Arkeon e per questo sbattute in tv in prima serata, condannate da familiari ignari ma spaventati, isolati nelle scuole dei propri figli, minacciati con lettere anonime e taglio delle gomme, portate al collasso economico dagli avvocati e dalla perdita del lavoro. Di fronte a tutto ciò alcune voci in questi anni si sono levate a porre domande e a mostrare alcune contraddizioni. Voci di persone di Arkeon che non hanno inteso farsi intimidire e che hanno voluto raccontare il sostegno, la forza, il rispetto e la profondità sperimentate in questo percorso. Ma anche voci di studiosi ed esperti del mondo antisette, preoccupati da quella che è stata definita una vera e propria “caccia alle streghe”. E che ha fatto parlare di un “Caso Arkeon” in cui – come ha detto qualche osservatore terzo – “chi mette il dito muore”. Allora cos’è “il Caso Arkeon”? Un’incredibile quanto inconsistente caso mediatico-giudiziario scoppiato a metà del 2007 intorno ad un percorso di crescita individuale (Arkeon) nato in Italia nel corso degli anni ’90. Avviato dalle denunce di alcuni “ex”, che hanno portato all’oscuramento dei siti di Arkeon e all’apertura di indagini su 11 maestri di Arkeon, tra cui il fondatore. E al cui centro, accanto ad Arkeon, c’è il Cesap: una “discussa” associazione antisette di Bari che per prima ha raccolto tali denunce, che nella vicenda in questione ha agito come consulente del Tribunale di Bari e nello stesso tempo come pare lesa, e che ha l’onore di aver per prima introdotto in questa vicenda la parola chiave “psicosetta”. A questo punto è bene chiarire un aspetto: questo non è un sito promozionale di Arkeon, i cui seminari sono stati interrotti immediatamente dopo la notizia dell’avvio delle indagini. Né l’interesse di chi scrive è di promuoverne la riapertura. E nemmeno l’intento è di santificare il percorso Arkeon, sul quale sicuramente si possono muovere critiche anche importanti, come ha fatto in più occasioni per primo chi scrive. L’obiettivo è solo poter tornare a raccontare la verità su una storia paradossale, quanto lo sono state altre in Italia prima della nostra, a partire dal caso Tortora, al caso Dimitri, al caso Rignano, al caso Brescia solo per fare gli esempi più eclatanti. Ciò che accomuna queste vicende non è tanto “l’errore giudiziario o investigativo”, quanto il singolare concorso di incompetenze, psicosi e interessi particolari nell’inventare una realtà inesistente e nel determinare una vera e propria persecuzione. Vogliamo raccontare quanto è avvenuto e quanto ancora sta avvenendo e forse avverrà, per amore della verità, per gratitudine verso un’esperienza che abbiamo visto sanare molte vite ferite e per i nostri figli e chi verrà dopo, perchè non debbano continuare a fare i conti con simili follie. Nel merito, questo sito raccoglie una parte del tantissimo materiale che in questi anni è apparso sul web in relazione ad Arkeon, cercando di rendere pubbliche e accessibili quelle informazioni e quel dibattito fino ad oggi svoltosi tra addetti; informazioni che mostrano tutta l’assurdità di questa vicenda. Il sito crescerà un po’ alla volta, vi invitiamo a seguirlo. Buona lettura"
Un abbraccio e buona notte.
pulvis.

10/05/09

Domenica, 10 maggio 2009
Cari tutti, di due cose mi preme parlare. 1) Riguardo all’ultimo post di Pietro Bono relativo alla pagina sul blog della d.ssa DiMarzio io rimango un po’ sconcertata. Forse sono troppo naif ma ho sempre pensato che per correttezza laddove l’offesa, la calunnia, sia stata pubblica, ci sia una richiesta di scuse pubblica. Nel caso della dott.sa Tinelli non sono pervenute scuse alcune. Passi, alle volte l’orgoglio è troppo grande per permetterci di fare ciò che è giusto ed onorevole. … Dunque la DiMarzio ha fatto ciò che chiunque farebbe: porto le prove che quello che è stato detto contro di me è falso. Cosa c’è di strano? Cosa c’è di male? Lo si insegna anche ai bambini! … Ma così la d.ssa Tinelli è esposta alle critiche e via dicendo! … Beh, perché la DiMarzio non la è stata? Perché ci sono figli e figliastri? Forse “la Legge è uguale per tutti” ma il diritto alla difesa dell’onore no? Pare che sia così visto che la d.ssa DiMarzio è stata diffidata (senza basi legali per farlo) dal riportare la seguente frase: "...Con riferimento alla richiesta da Lei inoltrata in ordine alle presunte dichiarazioni da me rilasciate alla Dott.ssa T., a seguito di richiesta di chiarimenti effettuata dall'ordine della Puglia a quest'ultima, posso precisare che la frase incriminata è stata completamente estrapolata - con conseguente travisamento del significato suo proprio - dal contesto in cui era stata pronunziata [...] Certi di aver chiarito l'equivoco si porgono distinti saluti [...]". Un evviva per l’onore. 2) Riguardo all’ultimo post di Klee. Ho provato sulla mia pelle cosa si sente ad essere definiti dei "plagiati" dalla propria madre quando ancora ero un’adolescente. Accadeva ogni qualvolta esprimevo idee a lei incomprensibili (ma che nemmeno cercava di comprendere con ascolto e domande).
Accadeva quando frequentavo persone (di parrocchia, si badi bene!) che a lei non andavano a genio perché preferivo la loro compagnia a quella dei miei familiari o ancora perché mi spronavano ad avere iniziative personali (sic!). La urtavano tanto da rivolgermi un’accusa così pesante - per fortuna spero solo tra le pareti domestiche. Non oso immaginare cosa si provi a sentirselo dire in TV, a volto scoperto o peggio ancora nascosto (come fu nelle varie trasmissioni di accusa ad Arkeon). Non oso immaginare cosa significhi sentirselo dire da un coniuge con cui hai condiviso (?) tanta parte della tua vita… Ciò che generava era una ferita profondissima che mette una distanza enorme data dalla sensazione che forse non ti abbiano mai vista/conosciuta (che Klee ha citato nel caso Berlusconi-Lario come “ma allora tu cosa hai scelto come moglie?”). Poi seguiva una banale accusa: ma se io sono plagiabile come dici, tu genitore non hai fatto, né stai facendo, un gran buon lavoro! Perché invece non parli con me, capisci dove l’ingranaggio non funziona e senza accusare o giudicare mi aiuti a comprendere la realtà dei fatti (come immagino che un genitore abbia il dovere di fare)? Nel mio caso, grazie al Cielo, l'innocenza di mia madre la portava a svelare inconsciamente la vera origine della sua accusa dal momento che una volta ero di carattere forte ed impositivo ed un'altra ero plagiabile e debole a seconda che la situazione fosse per lei più o meno accettabile. Questo ho compreso nel tempo (perché per lenire e superare il dolore l’unica via che ho trovato è stata cercare di comprendere le radici delle azioni): mia madre aveva solo tanta paura di ciò che usciva dal suo controllo. Avrebbe voluto che io rimanessi “gestibile”, nel range delle esperienze che lei aveva fatto e che le davano sicurezza, nei limiti della famiglia. Invece mi aprivo agli esterni, a persone, idee e modalità differenti da quelli a lei noti e questo portava tanto, troppo spavento. “(...) La paura dell’altro, di colui che viene percepito come diverso e in quanto diverso emarginato se non odiato, è in realtà paura di sè, della propria incertezza e del proprio caos interiore.” (Comment by armando — May 5, 2009 @ 6:17 pm ) Le voglio un bene enorme nonostante tutto quello che è stato perché è il suo limite. Non c’è stata cattiva fede, nel suo caso. C’è stata solo debolezza. Un ruggito di disperazione uscito in malo modo, se vogliamo. …Ma la mia unica difesa è stata aumentare la distanza anche fisicamente andandomene al più presto di casa. L’obiettivo di quell’urlo per fortuna non è stato raggiunto. Conosco molte donne che ancora ci provano con i loro figli. Spesso sono madri. … Di cuore domando loro: ma una volta che avrete “riassorbito” i vostri figli che cosa vi resterà? Sarete più sicure? Vi sentirete placate? Io non credo! Mio padre mi raccontò una volta che ci sono degli uccelli che uccidono i figli quando si accorgono che non sapranno mai uscire dal nido… Perché voi volete andare contro natura? Lasciate volare ciò che avete messo al mondo: non sono vostri, sono di Dio, sono del Creato!
Comunque grazie a mia madre, perché credo che così mi abbia vaccinata contro le "sette".

09/05/09

10 maggio 2009
"Mia cara mamma,
mi sento più buono
se ad ogni mio errore
mi insegni il perdono.
Io ti ringrazio perché mi hai curata,
io ti ringrazio perché sono nata.
In ogni tuo sguardo
io imparo chi sono:
mia cara mamma,
sei proprio un bel dono!"
(Pulvis)
Un abbraccio grande a tutte le madri... ed a quelle che - come me - vorrebbero esserlo e forse un po' lo sono...

26/04/09

Domenica, 26 Aprile 2009
Cari tutti,
questa sera ho curiosato un po' su un altro blog: quello della dottoressa Raffaella Di Marzio.
Riporto (come ho già fatto in altre occasioni) i commenti che Le ho lasciato ad un suo post nel quale riportava la verità di fatti che La riguardano.
"Io vengo da una famiglia dove mentire è uno stile di vita insegnato ai figli come unico possibile. Grazie a Dio mio padre conosce comunque bene la distinzione tra ciò che è vero e ciò che non lo è anche se ritiene indispensabile nella vita usare la seconda versione delle cose. Per mia madre purtroppo la distinzione è un po’ più confusa e come per tanti (nel suo caso garantisco la buona fede) il confine tra il reale ed desiderato diventa molto labile. Con ciò che ne consegue. Ovviamente hanno generato una figlia (la sottoscritta) che è negata per la menzogna. Mi si legge in fronte se non ho detto proprio tutto quello che bolle in pentola. Il deterrente definitivo venne alle medie: in un compito in classe provai a copiare come i miei compagni ma, siccome sentivo che questa cosa non era buona, dopo poco cercai di mettere il foglio che mi ero preparata sotto il banco in modo da non usarlo più. Essendo maldestra mi vide la prof. che mi usò – forse- come monito per tutti dandomi una sonora lezione (mi tenne bassi i voti per tutto l’anno e mi fece sentire tutta la sua disistima… e pesava parecchio). Insomma, forse questo, forse che non mi sento in pace, ma non so tenere nascosto qualcosa di importante nelle relazioni (chi mi conosce è avvisato). Di conforto in questa mia forma mi fu il lavoro in Arkéon. Ricordo come se fosse oggi quando Vito Carlo Moccia mi disse una cosa che spero di non scordare mai: non lasciare nulla di non detto, di segreto, tra te e tuo marito (ma questo vale anche con tutti quelli che si amano) perché poi quello che è un granellino cresce a dismisura e mette distanza tra voi. Nulla di nuovo rispetto a “la verità vi renderà liberi”. Ma visto lo stampo familiare mi ha fatto un gran caldo al cuore. I bambini a tal proposito sono degli ottimi “falla-detector”: nella mia esperienza se fra due c’è qualsiasi cosa di non detto, sentono “a fiuto” che quello è il possibile varco di minor resistenza per ottenere quello che cercano, e ci entrano a pié pari con la loro innocenza. Sempre parlando di loro mi viene in mente un’immagine che mi fa tenerezza: un Pinocchio con le gambette cortissime che si affanna a correre brandendo un naso lunghissimo. Ai bambini, infatti, si insegnano due detti: “le bugie hanno il naso lungo” e “le bugie hanno le gambe corte”. All’inizio mi risultava un po’ oscura l’origine di queste due espressioni. Poi, con il tempo ed un sorriso, man mano che le due immagini sono diventate plastiche ho compreso. Il naso lungo di Pinocchio faceva sì che lo si scoprisse subito: lo si vede da lontano che ha mentito! Proprio come capita a me. Allo stesso modo le gambe corte faticano a portare lontano. Chi ha le gambe corte giocando a tocco fulmine o a nascondino viene preso subito. Proprio come è capitato nel caso che Lei ha citato. :-) ... per essere più seri di quanto fatto finora, riporto un racconto letto non so dove e scritto da non so chi, che in sostanza parla di questa signora che è pettegola e sparla di tutto e di tutti e va a confessarsi ogni volta riportando al sacerdote questo suo peccato. Il saggio confessore un giorno, dopo averla assolta, le dà il compito di prendere una gallina e spennarla mentre si incammina da un posto all'altro e poi di tornare da lui una volta eseguito il compito. La donna ovviamente si ripresenta dal sacerdote il quale le dà la seconda parte del compito: ora deve ripercorrere la strada a ritroso raccogliendo tutte le piume che ha seminato per strada. L'anziana signora, ovviamente, rimane interdetta e fa le sue rimostranze al sacerdote: «Eh, ma non è possibile! il vento le ha già sparse tutte, chissà dove le ha portate!»
Bingo! Il prelato ha raggiunto il suo scopo: le piume che lei ha lasciato sono come le sue maldicenze. Una volta sparse, anche se lei volesse porre rimedio, chissà fin dove sono arrivate. Meglio frenare prima la lingua. Magari chiedendo aiuto a Dio.
Purtroppo la realtà è che menzogne come quella che Lei riporta o come quelle che apparvero sui quotidiani all'inizio della vicenda Arkéon (ed in chissà quanti altri casi) temo siano state sparse appositamente perché, anche quando sia stata accertata la verità delle cose, ci sia sempre un posticino in cui quella piuma è volata e non potrà essere raccolta..."
Buona notte.